È di oggi la notizia che un'Intelligenza Artificiale ha battuto il campione europeo di GO.
Go, come spiegato nell'articolo, è un antichissimo gioco cinese, e molto complicato: per capire singoli concetti di gioco ci possono volere settimane, io ci ho messo un mese solo per capire come si fanno le prime mosse.
Il Go ha una capacità allucinante di far venire emicranie ai giocatori per le possibilità sconfinate di fare una mossa; è difficile anche solo capire chi stia vincendo (o chi abbia vinto quando il gioco finisce).
Non solo, il gioco ha un suolo ruolo emotivo importante e significativo, a chi interessasse il magnifico Kawabata (primo Premio Nobel per la letteratura giapponese) gli ha dedicato un bel romanzo breve, Il maestro di go.
A me non interessa né dimostrare la "superiorità" umana rispetto alle macchine o all'illimitatezza e velocità dello sviluppo delle Intelligenze Artificiali, solo far notare che una macchina per fare una mossa umana e calcolare una mossa (che spesso, come ricordato nell'articolo, viene dettata dall'intuito e dall'esperienza) abbia bisogno di una capacità di calcolo mostruosa.
Sarebbe quindi utile che noi ci ricordassimo che pensare non ci costa così tanto, non abbiamo bisogno di anni di programmazione né di studi intensi per riuscire ad agire indipendentemente.
Ripeto, non mi interessa criticare le IA, per cui ho invece un'attrazione fatale, ma solo portare al critica dall'altra parte della staccionata, quella di chi potrebbe pensare senza molti sforzi, ma abdica questo ruolo verso altri che pensano al suo posto.
Go, come spiegato nell'articolo, è un antichissimo gioco cinese, e molto complicato: per capire singoli concetti di gioco ci possono volere settimane, io ci ho messo un mese solo per capire come si fanno le prime mosse.
Il Go ha una capacità allucinante di far venire emicranie ai giocatori per le possibilità sconfinate di fare una mossa; è difficile anche solo capire chi stia vincendo (o chi abbia vinto quando il gioco finisce).
Non solo, il gioco ha un suolo ruolo emotivo importante e significativo, a chi interessasse il magnifico Kawabata (primo Premio Nobel per la letteratura giapponese) gli ha dedicato un bel romanzo breve, Il maestro di go.
A me non interessa né dimostrare la "superiorità" umana rispetto alle macchine o all'illimitatezza e velocità dello sviluppo delle Intelligenze Artificiali, solo far notare che una macchina per fare una mossa umana e calcolare una mossa (che spesso, come ricordato nell'articolo, viene dettata dall'intuito e dall'esperienza) abbia bisogno di una capacità di calcolo mostruosa.
Sarebbe quindi utile che noi ci ricordassimo che pensare non ci costa così tanto, non abbiamo bisogno di anni di programmazione né di studi intensi per riuscire ad agire indipendentemente.
Ripeto, non mi interessa criticare le IA, per cui ho invece un'attrazione fatale, ma solo portare al critica dall'altra parte della staccionata, quella di chi potrebbe pensare senza molti sforzi, ma abdica questo ruolo verso altri che pensano al suo posto.
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